Per evitare contenziosi e non compromettere la propria immagine opportuno che INL riveda le proprie posizioni
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con un comunicato del 20 giugno scorso, ha fornito ulteriori indicazioni ai propri ispettori circa l’attività di vigilanza verso le aziende che non applicano i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e che possono determinare problematiche di dumping.
Entrando nel merito dei fatti, il Ministero, ripercorrendo la circolare n. 3 del 25 gennaio 2018, ha affermato che, al fine di contrastare il dumping contrattuale, che si tradurrebbe inevitabilmente in minori tutele per i lavoratori - in particolar modo nel settore del terziario – le imprese che non applicano i contratti “leader” sottoscritti da CGIL, CISL e UIL non possono godere di alcune prerogative previste dal Legislatore, mentre risulterebbero sanzionabili le aziende che applicano i CCNL sottoscritti ad esempio da CONFSAL.
Nello specifico, fermo restando il principio di libertà sindacale sancito dalla Costituzione, le aziende che non applicano uno dei contratti comparativamente più rappresentativi prima citati non posso accedere al godimento di sgravi e agevolazioni contributive (ex L. n. 296/2006 co. 1175), non possono stipulare intese efficaci a livello decentrato riguardanti la flessibilità di talune tipologie contrattuali (ex D. Lgs. n. 81/2015 art. 51), tenendo conto che l’unico parametro utile per il calcolo della contribuzione dovuta è quello fissato dai contratti nazionali stipulati dalle organizzazioni più rappresentative ex art. 1, comma 1, del dl 338/89 unitamente all’art. 2, comma 25, della Legge 549/95.
Ne discende che le imprese che non rispettino tali prescrizioni potranno rispondere di sanzioni amministrative, omissioni contributive e trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro flessibili. Fin qui i fatti.
Non sembra casuale che il comunicato sia arrivato all’indomani di un convegno tenutosi a Roma in cui Ispettorato nazionale del lavoro, CGIL CISL UIL e Confindustria hanno parlato proprio della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, auspicandone un ‘censimento’ sulla base dei versamenti all’Inps; e sulla scorta di ciò il comunicato desta più di una perplessità, in quanto non è chiaro quale sia l’intento dell’Ispettorato: contrastare il dumping contrattuale o la difesa di un sistema corporativistico, basato sull’autoriconoscimento di alcune sigle sindacali e datoriali?
Se davvero l’intento, quello più nobile, è arginare e impedire la diffusione di contratti pirata, portatori di minori tutele per i lavoratori, allora si potrebbe chiedere allo stesso Ministero di entrare “nel merito”, di operare un giudizio sulla “contrattazione di qualità”, partendo ad esempio da un confronto tra i contratti stipulati da Confsal e quelli sottoscritti da CGIL CISL e UIL nel settore del terziario.
In tal caso, la posizione pregiudiziale dell’Ispettorato potrebbe vacillare sensibilmente allorquando si evincerà che gli standard dei contratti ritenuti minoritari spesso sono più alti e dignitosi di quelli ritenuti leader. In tal senso operando una comparazione tra il CCNL Commercio per i dipendenti del Terziario, della Distribuzione e dei Servizi, sottoscritto da Confcommercio e CGIL, CISL e UiL, il CCNL per i dipendenti delle aziende dei Pubblici Esercizi, della Ristorazione Collettiva e Commerciale e del Turismo, sottoscritto da Confcommercio e CGIL, CISL e UIL, con il CCNL Intersettoriale Commercio, Terziario, Distribuzione, Servizi, Turismo e Pubblici Esercizi, sottoscritto da Cifa e Confsal, emergono degli interessanti elementi di valutazione che fanno venir meno l’assunto dell’INL, secondo il quale i CCNL non sottoscritti da CGIL, CISL e UiL sono a priori da reputare “pirata”.
Il primo dato che è certamente di maggiore impatto è quello relativo ai minimi tabellari che appaio sostanzialmente allineati. Per un livello 3 preso a riferimento, nel settore Commercio il minimo retributivo fissato da CGIL, Cisl e UIL è pari ad euro 1793,11 mentre quello stabilito da CONFSAL è pari ad euro 1792,17, mentre nel settore Turismo- Pubblici Esercizi il minimo per un 3 livello è di 1577,35 per CGIL, CISL e UIL contro i 1613,45 di CONFSAL. Dato, quest’ultimo, che ci farebbe supporre che ai fini retributivi e previdenziali il contratto “leader” potrebbe essere proprio quello sottoscritto da CIFA e CONFSAL.
Proseguendo nella comparazione si potrà accertare che la contrattazione di secondo livello di Confsal presenta livelli di sviluppo e consolidamento di assoluto valore tendenti a sostenere azioni di mantenimento dei livelli occupazionali e di adeguamento ai contesti produttivi e territoriali di elementi necessari a perseguire obiettivi di maggiore produttività. Ciò che emerge, invece, nei rimandi fatti alla contrattazione di secondo livello da parte dei CCNL di CGIL, CISL e UIL con particolare riferimento al settore Turismo e Pubblici Esercizi è la possibilità che viene riconosciuta alla contrattazione di secondo livello, al di fuori delle ipotesi previste per legge, di poter intervenire, in forza di specifiche clausole d’uscita, in deroga sugli elementi retributivi, rischiando in tal senso di favorire preoccupanti riduzioni delle retribuzioni a livello territoriale.
Assolutamente apprezzabile appare l’attenzione che il CCNL Intersettoriale CIFA - CONSAL pone al tema della formazione come elemento fondamentale per garantire la continua occupabilità del lavoratore, nonché i livelli di competitività e produttività aziendale. Sono previste ore di formazione obbligatoria per i lavoratori neo assunti, per gli over 50 o per i disoccupati di lunga durata riassunti dopo essere stati espulsi dal mercato del lavoro e soprattutto, lo scatto di competenza, l’aumento triennale dell’1,5% della retribuzione per i lavoratori che hanno svolto almeno 50 ore di formazione nel triennio. Di formazione a sostegno del lavoratore non vi è invece alcun riferimento nei CCNL di settore di CGIL, CISL e UiL.
Nella stessa direzione vanno le misure previste negli ambiti della flessibilità dell’orario di lavoro, nella stagionalità - più limitata per CONFSAL rispetto ai CCNL cosiddetti leader, segno inequivocabile di una volontà tutelante per i lavoratori. Regolamentate per Confsal anche le tre tipologie di apprendistato, il part-time, il tempo determinato e il lavoro a chiamata per le quali tutto appare in linea con le disposizioni normative e rispetto alle quali la contrattazione non opera alcuna deroga se non in riferimento alla percentuale di ricorso dei contratti a tempo determinato.
Nessuna anomalia si registra rispetto alle disposizioni normative e ai CCNL di CGIL, CISL e UIL per ciò che attiene, da parte di CONFSAL, alla regolamentazione dell’orario di lavoro, alla flessibilità oraria (orario multiperiodale e banca delle ore, lavoro strardinario) nonché rispetto alle integrazioni a carico del datore di lavoro per malattia, maternità e infortunio. Per concludere, anche la bilateralità appare abbastanza strutturata e capace di fornire ulteriori tutele al lavoratore attraverso i fondi interprofessionali, l’ente bilaterale e il fondo di assistenza sanitaria integrativa.
Appare evidente concludere che il metodo adottato dall’INL per contrastare il dumping contrattuale è da rivedere e non può prescindere dall’analisi puntuale delle previsioni contenute in tutti i CCNL sottoscritti. Impensabile sostenere semplicisticamente che se un CCNL non è sottoscritto da CGIL, CISL e UIL allora questi è un contratto pirata.
L’affermazione, oltre che in contrasto con il principio di libertà sindacale, è anche tecnicamente infondata e rischia di ingenerare confusione fra gli addetti ai lavori.
Per tale motivo l’INL dovrebbe procedere alla rimozione immediata dal proprio sito internet della nota pubblicata il 20 giugno la quale, fra le altre cosa, non riporta neanche la firma di del dirigente. Nota, che non solo non ha alcun valore giuridico ma che compromette la posizione dell’Istituto che, in tale situazione da soggetto tecnico e arbitro indiscusso quale dovrebbe essere, finisce per assumere posizioni di chiara connotazione politica e in forte contrasto con il principio di libertà sindacale.
In tale scenario la pubblicazione della nota e le attività ispettive che ne seguiranno potrebbero generare una valanga di contenzioso con maggiori costi per lo Stato che, unitamente alle richieste risarcitorie che potrebbero avanzare le Organizzazioni Sindacali che reputino danneggiata la propria immagine, si potrebbe tradurre in un danno erariale di grandi dimensioni.