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Come cambia il lavoro nell'industria 4.0

vigorini evento gesforIl presidente di Incontra, Salvatore Vigorini, ha partecipato al convegno dedicato a dottori commercialisti e revisori contabili, organizzato da Gesfor, dal titolo “L'innovazione tecnologica ed organizzativa in azienda e le politiche attive per il lavoro: la centralità del ruolo dei dottori commercialisti”. Vi proponiamo alcuni punti chiave del suo intervento che cercano di mettere a fuoco le caratteristiche dell’odierno scenario di lavoro e le sfide a cui le organizzazioni industriali e le parti sociali sono chiamate.

Cambia il mercato del lavoro ai tempi dell’industria 4.0

La rete internet, la robotica e complessi sistemi tecnologici di controllo e comunicazione, il processo che convenzionalmente definiamo “quarta rivoluzione industriale”, determinano un capovolgimento dei processi produttivi ed organizzativi che da una dimensione esclusivamente reale si sposterà progressivamente in una dimensione  virtuale.

Cambieranno le competenze e le abilità ricercate. L’economia della conoscenza comporta, infatti, innovazione e richiede sforzi necessari alla creazione di posti di lavoro di qualità. Nella “fabbrica innovativa” muterà l'interazione tra l'uomo e le macchine, cambieranno i processi produttivi e con essi l’organizzazione del lavoro e il mercato del lavoro. Ci si troverà di fronte al progressivo sgretolamento del binomio salario-lavoro e del concetto di rapporto di lavoro subordinato. E’, quindi, opportuno individuare le nuove presumibili caratteristiche in termini evolutivi del mercato del lavoro. Le parti sociali, inoltre, sono chiamate a mettere in atto un nuovo modello di relazioni industriali: al centro di tutto dovrà esserci il lavoratore altamente qualificato, multitasking, flessibile e in costante stato di transizione occupazionale, di ruolo e mansione. E se il nuovo modello di prestazione lavorativa non può più essere incentrato intorno all’idea di luogo di lavoro, orario di lavoro e mansioni ripetitive, bisogna ritenere superato anche l’attuale modello di contrattazione collettiva nazionale. Oggetto della contrattazione collettiva non potrà più essere soltanto il salario, la regolamentazione delle dinamiche del rapporto di lavoro dipendente e la tutela del lavoratore in termini di stabilità occupazionale, ma l’attenzione si dovrà progressivamente spostare su altri aspetti. La contrattazione collettiva dovrà fornire risposte concrete in termini di flessibilità, produttività, nuove mansioni e nuove forme di classificazione del personale, formazione, politiche attive del lavoro e welfare

La centralità della formazione

evento gesforIn Italia il 38,8% della domanda di lavoro rimane inevasa e ciò dipende per il 20% dal disallineamento tra formazione data e formazione richiesta e per il 18,8% perché non c'è offerta di lavoro. Per far fronte a tale emergenza è necessario che siano avviati a più livelli percorsi formativi finalizzati a sviluppare un ampio bacino di talenti digitali e garantire che i singoli individui e la forza lavoro siano dotati di competenze digitali adeguate alle nuove e stringenti esigenze poste dal nuovo mercato del lavoro 4.0.

La formazione continua deve rafforzare il peso delle soft skill, che in questo scenario sono decisive: 

  • organizzazione, 
  • gestione complessa dei progetti, 
  • capacità relazionali, 
  • problem solving, 
  • pensiero computazionale.

Inoltre, deve sostenere, proteggere e aumentare la capacità dei lavoratori di adattarsi a contesti che si pongono come strutturalmente mutevoli.

Ma la formazione non deve essere considerata come canale per l’accesso al lavoro, ma deve diventare uno strumento di sostegno per tutta vita. E’ per questa ragione che la valorizzazione delle competenze deve poggiare su un canale formativo privilegiato: la formazione in azienda

Le sfide della contrattazione collettiva nell’industria 4.0

La contrattazione collettiva dovrà incentivare il ricorso alla formazione non solo come fattore imprescindibile per affrontare il cambiamento ma anche come strumento di tutela del lavoratore dal rischio di fuoriuscita dal mercato del lavoro

In tal senso la contrattazione collettiva dovrà caratterizzarsi per la capacità di contrattare non solo il salario ma anche la formazione e il welfare. In tale prospettiva appare necessario operare il superamento della rigidità della contrattazione collettiva nazionale e sostenere il progressivo spostamento del baricentro della contrattazione a livello aziendale o territoriale.

Soltanto la contrattazione di secondo livello potrà dare risposte concrete alle emergenti esigenze determinate dall’avvento delle nuove tecnologie e fornire risposte mirate in relazione alle specifiche esigenze produttive aziendali. Essa si configura come unico strumento per superare le forti differenziazioni territoriali e produttive che interessano il nostro Paese e fornire risposte concrete non solo in termini di produttività, ma anche di differente potere d’acquisto dei salari. Da quest’ultimo punto di vista potrebbe apparire prematuro, ma non impensabile, aprire il dibattito sulla necessità di consentire alla contrattazione di secondo livello di poter negoziare non solo il salario di produttività, ma anche i salari minimi che in tal modo potrebbero essere maggiormente in linea con il reale costo della vita delle specifiche aree geografiche o nei singoli contesti produttivi.

Le nuove logiche di produzione e i nuovi modelli di organizzazione del lavoro e di contrattazione collettiva, sempre più orientati verso il territorio, ci consentono di affermare con certezza che nei prossimi anni anche la rappresentatività sindacale dovrà misurarsi in tale ambito. La contrattazione di secondo livello, e in modo particolare la contrattazione territoriale, appare lo strumento più idoneo per sostenere le specificità delle piccole e piccolissime imprese che necessitano di essere maggiormente sostenute nella realizzazione di progetti comuni di innovazione. La contrattazione decentrata, perciò, è da considerare l’ambito ottimale nel quale individuare soluzioni condivise e focalizzate sulle effettive esigenze dell’azienda e dei suoi lavoratori, diventando un luogo sinergico in cui il lavoratore potrà avere voce ed essere effettivamente protagonista della negoziazione su tutto ciò che sarà necessario alla propria crescita sociale e professionale. Ciò implicherà per l’azienda la possibilità di avere un lavoratore responsabilmente protagonista del raggiungimento degli obiettivi aziendali, dinamico e consapevole dei cambiamenti richiesti dallo scenario competitivo. Favorire il decentramento della contrattazione collettiva significa favorire uno stretto collegamento tra impresa e lavoratore, prerequisito necessario per contrattare in maniera “partecipata” il salario, la formazione e il welfare ma soprattutto per giungere ad obiettivi di produttività e competitività considerati prerequisiti indispensabili per il rilancio del nostro sistema produttivo.

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